A breve tutti i siti di immersione
Work in Progress
A breve tutti i siti di immersione
Difficulty -
Deep: mt
Gorgonie
Siamo a circa 6 miglia da Santa Caterina, in mezz’ora di navigazione si raggiunge il punto d’ancoraggio.
L’immersione si svolge lungo una grande parete che degrada in modo verticale da 47 a 60 metri, grandi rami di Gorgonie rosse ci fanno da sfondo, tra di esse ogni forma di fauna mediterranea, corallo rosso, aragoste, stelle marine dalle forme più particolari, saraghi, grandi cernie, murene e aragoste. Immersione tecnica.
Difficulty -
Deep: mt 60
Secca Fedele
A qualche centinaio di metri dalla Secca del Faro.
Sempre su un fondale che risale da 65 a 55 metri, si trovano una serie di scogli ricoperti di Gerardia Savaglia e Gorgonie, alcuni rami di “Falso corallo Nero” raggiungono anche i tre metri, particolari per le loro sfumature che vanno dal bianco al giallo passando da varie gradazioni di rosa. In vari punti si trovano zone di Corallo Rosso.
Incontri possibili con grossi pesci di passo oltre a saraghi, Murene, Musdee, zona molto ricca di stelle pentagono, ricci matita etc…Immersione tecnica
Difficulty -
Deep: mt 65
Secca del faro
Siamo nelle vicinanze del faro di S. Andrea, un’isola a largo di Gallipoli.
Il fondale in questa zona è piuttosto omogeneo, attorno ai 65 metri, solo in due punti si solleva portandosi a 54 metri, uno di questi è appunto la Secca del Faro.
Scendiamo nel blu fino ad intravedere le prime rocce, completamente ricoperte di coloratissimo coralligeno di fondo, lo scenario è mozzafiato, grandi paramunicee bicolore (gorgonie), una foresta di Geradia Savaglia con rami alti fino a due metri e mezzo e, negli anfratti, Murene, Musdee, Saraghi e Aragoste.
La secca si estende per circa 500 metri, non basta una sola immersione per osservare tutto lo spettacolo che offre. Immersione tecnica
Difficulty -
Deep: mt 65
Peschereccio
Immersione sul relitto di un peschereccio d’altura, lungo circa 25 metri, giace su un fondale di 25 metri in assetto di navigazione.
Situato a Gallipoli molto amata da fotografi per foto sia ambiente che macro.
Numerose specie di nudibranchi hanno fatto di questo relitto la loro casa
La struttura è integra.
Accompagnano l’immersione Ricciole, barracuda, dotti e tanti nudibranchi e, solo in alcuni periodi viene ricoperto di clavelline.
Difficulty -
Deep: mt 24
Parete di torre Uluzzo
Tra Torre Uluzzo e Torre dell’alto, nel Parco di Porto Selvaggio, a pochi minuti di gommone dal Diving troviamo questa meravigliosa parete sotto costa con profondità massima di 18 metri.
Gli incontri con la fauna die questa parete sono del tutto imprevedibili ma numerosi, murene, saraghi Polpi cernie, nudibranchi nonchè tantissime spugne. L’immersione è adatta a tutti i livelli , un immersione molto facile ma altrettanto bella.
Spesso effettuata in libera, così da poter godere al meglio le sue meraviglie.
Difficulty -
Deep: mt 18
Nasse
A pochi minuti di gommone da Santa Caterina di Nardò, un immersione quadra con fondale di 32 metri, ricca di vita e molto colorata grazie alla sua flora.
Si possono fare tantissimi incontri con saraghi, cernie, murene aragoste.
Molto colorata grazie alla presenza di numerose varietà di spugne.
Su fondale sabbioso si trovano numerosi massi di diversa altezza, che caratterizzano l’immersione, ognuno dei quali è caratterizzato da flora e fauna differente.
Difficulty -
Deep: mt 32
Scoglio delle Spugne
Lasciato il porto di S.Caterina si giunge, dopo un breve tragitto in gommone, sul luogo dell’immersione che si trova a poco più di 1 miglio dalla Torre dell’Alto.
Seguendo la cima dell’ancora, già dopo pochi metri potremo vedere il fondo che si trova a -30mt.
Una sottile striscia di roccia puntellata da una numerosissima colonia di grandi Axilenna spp. si materializza sotto le nostre pinne. Arrivati sul fondo rimarremmo colpiti dalla grandiosità dei colori delle numerosissime spugne incrostanti ed arborescenti presenti ma anche da numerosi briozoi (Smittina cervicornis e Sertella septentrionalis) ed ascidie (Aplidium turbinatum, A. conicum, A. tabarquensis) che rendono questa una delle immersioni più colorate dell’intera costa ionica salentina.
In questo sito è stanziale una nutrita colonia di Saraghi maggiori, fasciati e pizzuti e non è raro l’incontro con grandi esemplari di Orata (Spaurus aurata) che utilizzano le tane formate dal coralligeno presente come rifugio temporaneo. Inoltre nelle fessure sono ospitate spesso delle bellissime aragoste (Palinurus elephas) e magnose (Scyllarides latus).
L’immersione si svolge procedendo staccati dal fondo di circa 1 mt seguendo la striscia di roccia che procede parallelamente alla costa per circa 100mt. Questa immersione non presenta particolari difficoltà in quanto si presenta come perfettamente quadra.
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Deep: mt 32
Curvone
Bellissima immersione nel cuore di Santa Caterina di Nardò, nulla costiera salentina.
Meravigliosa parete accessibile sia da terra tramite scogliera, sia con gommone a pochi attimi dal diving.
Immersione adatta a tutti i livelli, con profondità massima di 24 metri. Numerose specie di fauna è possibile incontrare, cernie, polpi, murene, pesce san pietro, scorfani, oltre a numerose specie di spugne e nudibranchi.
L’immersione è totalmente in parete, adatta a tutti i livelli, oltre le numerose specie di flora e fauna è caratterizzata da bellissimi passaggi naturali, archi e grotte. la profondità media non supera i 18 metri ma arriva fino ai 24 metri.
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Deep: mt 24
Reef
Immersione quadra, con un fondale di 30 metri, a 2 miglia dal diving, raggiungibile in pochi minuti di gommone. è caratterizzata da enormi blocchi di cemento installati per la ripopolazione marina, un reef artificiale.
Questo reef negli anni si è popolato di numerose forme di vita. Hanno trovato il loro habitat cernie, murene, e tantissime frabelline.
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Deep: mt 30
Acquario
Un vero e proprio acquario, ricco di vita e molto colorato
Immersione quadra a largo di Porto Selvaggio, raggiungibile in pochi minuti di gommone, con una profondità massima di 32 metri, caratterizzata da una secca molto larga.
Il nome deriva dalla presenza di numerosissimi saraghi che hanno trovato la loro tana, e numerosissime spugne Axinella che colorano il paesaggio.
Molto suggestiva è la presenza a inizio immersione di un ancora Ammiragliato di una tonnara del fine 800, alta 2-3 metri molto concrezionata.
Un immersione spesso svolta in libera essendo molto lunga come secca così da poter godere al massimo il panorama e la vita che la caratterizzano
Difficulty -
Deep: mt 32
Pugliola
Adagiata su un fondale di 95 m, il Cargo è lungo circa 100 m e largo circa 20. A poppa ed a prua sono ancora visibili i cannoni e le postazioni contraeree che cercavano di proteggerlo dagli attacchi nemici dal cielo. Sul nido della mitragliatrice contraerea, sono stati rinvenuti due bossoli calibro 12, esplosi. Sul fondello delle due cartucce si legge chiaramente la sigla “S.M.I.”, che, secondo alcuni esperti, significherebbe Stabilimento Militare Italiano. Sulla fiancata di dritta si nota un grosso squarcio dovuto ad un’esplosione. Nonostante le ricerche storiche non si è ancora riusciti a risalire con sicurezza al nome della nave e ad una sua eventuale attinenza al vicino relitto Inglese.Proprio negli ultimi tempi, grazie alle numerose immersioni e alla continua ricerca tra gli archivi e gli uffici storici della Marina Militare, si pensa che possa trattarsi del “Pugliola”, nave da carico italiana, requisita ed armata in occasione del secondo conflitto mondiale.
STORIACOMPAGNIA ARMATRICE BIBOLINI G.B.La famiglia Bibolini è originaria di Lerici, ma l’attività armatoriale la svolse prevalentemente a Genova.La prima nave che abbiamo incontrato è la bombarda LA MADRE verso la fine del 1700.
Nel 1810/1850 troviamo un pinco SAN GIOVANNI di Pietro Bibolini.
Si ricorda un Padre Francesco Bibolini fondatore in Argentina di una città oggi chiamata 25 de Mayo. Troviamo pure notizia di un Capitan Rinaldo Bibolini, valido comandante di bastimenti, nato a Lerici il 16 Maggio 1849, che probabilmente non appartiene alla famiglia.
Il fondatore di una dinastia di grandi Armatori è stato Giovanni Battista Bibolini nato a Lerici il 12 settembre del 1875 e che si diploma da macchinista al Nautico di Genova per poi proseguire gli studi laureandosi brillantemente, a soli ventidue anni, ingegnere navalmeccanico.
Geniale osservatore e studioso inventa e brevetta, tra l’altro, un rec uperatore di olio minerale che commercializza con una Società Francese che gli permette di guadagnare meritati compensi riuscendo ad acquistare la sua prima nave:
P.fo MALAGA Glasgow 1879 1.453
Bibolini l’aveva comprato nel 1918 dalla Ditta Conti, Giorgi & C. di Genova. La Ditta ebbe la sua prima sede in Corso Firenze 40. Nel 1925 in Portici di Sottoripa 3/2 A
Dai registri del RINA del 1925 risultano armati ,oltre il MALAGA , i piroscafi :
LERICI Ex ARIMATHEA Londonderry 1902 4.252 tsl
PERTUSOLA Ex ANGELA S.ShieIds 1882 1.496 tsl
Con questa nave Bibolini stipula uno dei primi contratti di noleggio moderno: minerale di piombo dalla miniera di Carloforte, alla fonderia Pertusola: praticamente un porta a porta in anteprima.
La PERTUSOLA si può dire sia stata la sola nave efficiente rimasta a galla sui mari italiani alla fine della guerra. Fu subito requisita dagli Alleati e impiegata, con equipaggio italiano, quasi tutto del Nord, nel rifornimento delle truppe al fronte. A bordo c’era pure un drappello di soldati americani che sorvegliava l’andamento del viaggio e soprattutto il prezioso carico (ogni ben di Dio in quei momenti di carestia) dai possibili furti nei porti e in navigazione; alla partenza, veramente, venivano ben chiusi i boccaporti e apposti i sigilli alle incerate. L’equipaggio però superava ogni ostacolo scendendo nella stiva attraverso un a manica a vento che opportunatamente passava attraverso una cabina degli ufficiali.
Il Comandante e l’equipaggio avevano una loro etica e, a loro dire, non rubavano, ma solo sottraevano qualche piccola quantità di merce che serviva assai meglio a loro che ad essere abbandonata su di una banchina alla portata di tutti e senza alcun risultato. In effetti si era instaurato un buon rapporto tra il bordo e gli Ufficiali alleati felici di stare a bordo a mangiare e bere e non far altro in quanto tutto quello che c’era da fare, veniva svolto in modo superlativo dall’equipaggio. Quando con l’arrivo di altre navi più idonee al traffico,che nel frattempo si era andato organizzando, fu necessario lasciare libero il piroscafo, fu una brutta giornata sia per gli italiani che per gli alleati.
Nel 1926 la flotta aumenta con l’arrivo di :
SAN TERENZO Ex YORKCASTLE Sunderland 1901 5.313 tsl
Nel 1930 la ditta si trasferisce in Piazza Corridoni 10/10 Genova e arrivano le seguenti navi :
MARIGOLA Ex COLABA Durbaton 1906 5.996 tsl
PUGLIOLA Ex WARMAJOR Detroit 1917 2.073 tsl
Nel 1932 viene comprato il:
MARALUNGA Ex RICOPINO Livorno 1921 556 tsl
Nel 1933 viene demolito il LERICI.
Nel 1935 viene acquistato il:TELLARO Ex G. CARNAZZA Riva 1919 2.234 tsl e dall’Armatore Saglimbene Domenico di Catania. TIGRAI Ex HELLUM Osaka 1918 1.300 tsl
Con queste navi la Ditta arriva all’ inizio della guerra per poi subire le seguenti perdite:MARIGOLA il 20 settembre 1941, durante la navigazione, con un carico di carbone, da Palermo a Tripoli, incagliava a poco più di 2 miglia per 165° dal faro di Kuriat in Tunisia. Ivi veniva silurato una prima volta, il 24 settembre, da aerei siluranti britannici ed una seconda volta, il 22 ottobre, da un sommergibile anch’esso britannico, che, facendo uso del cannone, gli procurava gravi danni; affondata il 1.11.1941 venne poi ricuperato dai francesi. MARALUNGAaffondata bombe aerei a Livorno 28.5.1943.
PUGLIOLA affondata urto mina a Gallipoli il 12.9.1943.
TELLARO affondata a Livorno dai tedeschi il 26.6.1944.
TIGRAI affondato a Civitavecchia il 31.10.1943 per cause imprecisate.
Su questa nave si racconta che a guerra finita l’armatore aveva avuto l’autorizzazione a procedere al ricupero di una nave che soltanto dopo alcuni giorni di lavoro non risultò essere il TIGRAI; senza dire niente a nessuno il relitto venne di nuovoaffondato e si iniziò regolarmente il ricupero del vero TIGRAI che, subito dopo venne demolito.
E’ inoltre necessario includere anche la:
M/n. LERICI II costruita a La Spezia nel 1941 di Tonn. 6070.
Il 15.8.1942, in navigazione da Brindisi a Bengasi, verso le ore 18.30, nel punto circa 120 miglia a Nord di Ras Aamer, fu silurata da un sommergibile nemico. Con incendio a bordo e la poppa sommersa, rimase a galla fino alle ore 12.00 del giorno successivo, quando,constatato ormai impossibile il salvataggio, venne affondata a cannonate dalla scorta.
Pensiamo sia doveroso dar merito all’Ing. Bibolini di aver progettato e costruito, dopo la guerra, le motonavi
portarinfuse chiamate Capitani d’industria, dalle caratteristiche veramente indovinate:
lunghezza mt. 165.5
larghezza mt. 20.99,
stazza lorda Tonn.11.260,
Portata Tonn. 16.600
Zavorra Tonn. 6.000
velocità oraria 14.5
motore Fiat 757/5.500 Cav. che hanno rappresentato per la Marina Mercantile Italiana un esempio di capacità e conoscenza tecnica riconosciute in tutto il mondo dello shipping; anche l’impiego delle navi, caricare minerale in Nord Africa per East cost degli USA e quindi carbone da Hampton Road all’Italia, ha dimostrato una capacità commerciale di prima qualità riducendo al minimo il tratto di navigazione in zavorra.
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Deep: mt 95
Caterina Madre
Caterina Madre | |
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Tipo | Nave da carico nazionalità italiana |
Anno Costruzione | 1904 |
Cantiere | Richardson, Duck e Co. Ltd (Gran Bretagna) |
Ultimo armatore | Armatore Corrado S.A. Navigazione Genova |
Stazza |
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Portata lorda | 7160 tonnellate |
Dati |
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Armamento | 1 cannone di poppa |
Apparato Motore |
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Piano di coperta | -62mt, fondo 75mt |
Nata nel 1904 con il nome di Iddesleigh nei Cantieri Richardson Duck a Tornaby-on-Tees (Nord Yorkshire, Regno Unito).
Lunga 110 mt e larga 15, aveva una stazza lorda di 4027 tonnellate. Il suo motore a vapore a triplice espansione poteva spingerla fino ad una velocità di 11 nodi.
Fu varata il 16 giugno del 1904 e completata il mese successivo, era la costruzione 557 del cantiere ed era simile all precedente, la Dulvertorn, che nel 1907 svanirà nel nulla dopo aver lasciato la bahia Banca con destinazione Antwerp.
Nel 1917 ebbe una collisione con la S.S. Menapier, facendola affondare nelle acque di Malaga (Spagna) dove giace ad una profondità di 40mt.
Nel 1923 la nave fu venduta alla Lloyd Mediterraneo di Roma e diventa “Valnoce”. Nel 1927, infine, passa di proprietà della Corrado di Genova assumendo il nome di Caterina Madre.
All’inizio della Seconda Guerra Mondiale, nel 1940, resta bloccata sul Mar Nero, ma con l’ingresso in guerra della Romania, rientra in Italia. Il 9 settembre 1942,, la nave viene requisita dalla nostra Marina e, circa un anno dopo, il 13 settembre 1943, a causa di un urto contro una mina, affonderà a 10 miglia da Gallipoli. Ad un miglio e mezzo di distanza, il giorno prima, era affondato il Pugliola….Non trasportava nulla, ci sono solo tracce di poche attrezzature militari.
La nave si trova in perfetto assetto di navigazione, prua verso nord e poppa sud.
Le parti interessanti sono: cannone, elica, prua con ancore e interno stive (vuote ma molto suggestive…
Il relitto è l’unico “colorato” nel senso che, oltre le classiche concrezioni, presenta una notevole quantità di spugne gialle.
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Deep: mt 70
Quail
Un immersione tecnica sul relitto del Quail adagiato sul fondale del Salento,scoperto da Costa del Sud da Andrea Costantini.
L’HMS Quail era un cacciatorpediniere di classe Q della Royal Navy.
La nave è stata ordinate il 2 aprile 1940, i lavori iniziarono il 30 settembre del 1940 dai cantieri navali Hawthorn Leslie & Company; la nave è stata varata il 1° giugno 1942. È entrata in servizio il 7 gennaio del 1943. La costruzione, esclusi i materiali, è costata 436,576 sterline.
L’unit{ navale ha prestato servizio in Medio Oriente ed era destinata a servizi di difesa delle navi della marina inglese nell’Oceano Indiano ma tale trasferimento fu annullato a causa di esigenze legate allo sbarco degli alleati nel Mar Mediterraneo.
Una volta nel Mediterraneo il Quail è attivo nella zona a sud della Calabria e della Sicilia e il 21 agosto 1943 effettuò un bombardamento nella zona dello Stretto di Messina.
Dieci giorni più tardi, il 31 agosto, in una flotta costituita da due corazzate il Nelson e il Rodney e da un altro cacciatorpediniere l’ HMS Orion, prese parte ai bombardamenti “preliminari” allo sbarco degli alleati.
Durante i primi di settembre il Quail partecipa a compiti di screening e di bombardamento con il cacciatorpediniere HMS Offa, Petard , Queenborough, Quilliam, Troubridge, Tiro e ORP Piorun.
Dal 9 settembre al 16 settembre si unisce alle corazzate Nelson, Rodney, Warspite e Valiant per scortare le portaerei Illustrious e Formidable.
Nel mese di ottobre Quail è stato trasferito in Adriatico con sede a Bari, per supportare le operazioni militari e dei convogli di scorta. Il 22 ottobre ha intercettato e catturato un mercantile nemico durante un pattugliamento.
Le cause dell’affondamento della nave sono almeno due e molto contrastanti tra loro: le fonti inglesi parlano di un urto contro una mina durante un pattugliamento in adriatico: il 15 novembre ’43 il Quail colpisce una mina che faceva parte di una diga posta da U-453 il 25 ottobre.
La nave viene subito soccorsa e rimorchiata nel porto di Bari dove viene eseguita una riparazione d’emergenza in attesa di essere trasferita a Taranto per essere riparata in modo definitivo.
Tra il gennaio e l’aprile 1944 viene ancorata nei pressi del porto di Taranto in attesa di riparazioni. A maggio però viene portata a rimorchio verso Malta dove avrebbe dovuto essere finalmente riparata. Durante tale trasporto, il 18 maggio del 1944, si ribalta e affonda definitivamente.
Al contrario le fonti italiane dicono che l’ HMS Quail stava incrociando nel mar Ionio quando, Il 18 Giugno 1944, entrò in collisione con una mina galleggiante. Il cacciatorpediniere subì gravi danni, e fu preso a rimorchio per raggiungere la base Italiana alleata di Taranto.
Nel tentativo di raggiungere i cantieri navali di Taranto, per compiere le riparazioni, venne definitivamente affondato dal fuoco di un aereo.
ll relitto viene individuato il 5 giugno 2002 da un team subacqueo italiano guidato da Claudia Serpieri, attualmente ad una profondità di 90 metri in perfetto assetto da navigazione, gli alberi sono visibili già da una profondità di 65 m.
In una relazione a cura del diving Costa del Sud, si parla dell’immersione: i subacquei si definiscono sicuri dell’affondamento da parte di un aereo nemico, ad avvalorare la tesi la presenza sul lato di dritta di un grosso squarcio che documenta un’esplosione. A bordo sono ancora visibili gli armamenti contraerei e parte del carico.
Durante l’immersione si può vedere un enorme cannone montato a poppa, dove durante alcune immersioni i subacquei hanno trovato due bossoli calibro 12, esplosi, sulla piazzola della mitragliatrice antiaerea. Sul fondello delle due cartucce, si legge chiaramente la sigla “S.M.I.”, che secondo alcuni esperti, significherebbe Stabilimento Militare Italiano.
È possibile inoltre notare che alcune scialuppe sono in posizione per essere calate, sintomo che i marinai hanno provato a fuggire dalla nave ormai prossima all’affondamento.
A poche miglia dal relitto del Quail si trova il relitto del Pugliola, la tesi è che tale nave fosse in servizio di rimorchio proprio del Quail e sia stata affondata nello stesso evento sempre da fuoco aereo.
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Deep: mt 90
Pietro Micca
Vieni a scoprire il Relitto del sommergibile Pietro Micca scoperto da Costa del Sud Diving service in salento da Andrea Costantini.
Pietro Micca | |
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Tipo | Sommergibile posamine |
Classe | omonima (unico della serie) |
Proprietario/a omonima (unico della serie) |
Regia Marina |
Cantiere omonima (unico della serie) |
Franco Tosi Taranto |
Impostata | 15 ottobre 1931 |
Varata | 31 marzo 1935 |
Entrata in servizio | 1 ottobre 1935 |
Destino Finale | affondato da sommergibile HMS Trooper il 29 luglio 1943 |
Dislocamento |
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Lunghezza | fuori tutto 90,32 |
Larghezza | 7,7 mt |
Pescaggio | 5,3 mt |
Profondità operativa | 100 mt |
Propulsione |
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Velocità |
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Autonomia |
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Equipaggio | 5 ufficiali, 58 sottufficiali e marinai |
Armamento |
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Progetto e costruzione
Negli anni ’30, dopo il deludente risultato della classe Bragadin, la Regia Marina non era ancora riuscita ad ottenere un sommergibile posamine di buone caratteristiche.
Le prestazioni che il progetto del Micca si prefissava erano molto ambiziose: il nuovo sommergibile avrebbe dovuto avere la capacità sia di effettuare posa di mine che di essere impiegato come normale sommergibile d’attacco (con i siluri), avere un buon armamento di superficie, grandi velocità ed autonomia, buone caratteristiche di tenuta del mare e di manovrabilità, apparato per la posa delle mine funzionante ottimamente; il sommergibile, appartenente al tipo «Bernardis» a semplice scafo con controcarene laterali e doppi fondi resistenti e progettato dal capitano del Genio Navale ingegner Cavallini (uno dei principali progettisti di sommergibili italiani), risultò in effetti una buona unità dotata di tutte le caratteristiche di progetto; fu però di notevoli dimensioni (anche se non fu il più grande sommergibile italiano in termini di dislocamento lo fu in termini di lunghezza, con 90 metri), molto complesso e soprattutto molto costoso, per cui non fu riprodotto in più unità.
Uno sviluppo del progetto del Micca, più semplice ed economico, fu costituito dalla classe Foca. Il Micca era munito di un cercatore a ultrasuoni.
Storia
Dopo la consegna alla Regia Marina fu dislocato a Taranto,
in seno al IV Gruppo Sommergibili.
Prese clandestinamente parte alla guerra di Spagna con
due missioni, al comando del capitano di corvetta Ernesto
Forza: nella prima, partito da Napoli il 23 gennaio 1937,
pattugliò le acque al largo di Valencia senza individuare
navi sospette e rientrò il 2 febbraio; la seconda, cominciata
il 13 febbraio, abortì dopo un giorno perché fu ordinata la sospensione dell’offensiva subacquea ed il rientro di tutte le unità.
Durante la grande rivista navale H del 5 maggio 1938, tenutasi nel Golfo di Napoli in onore di Adolf Hitler, il Micca (comandato sempre da Forza) fu alla testa dello schieramento di 85 sommergibili che si ‘esibirono’ in un’immersione seguita da una breve navigazione subacquea e da una successiva emersione e salva di 11 colpi con i cannoni.
Con l’ingresso dell’Italia nel secondo conflitto mondiale il Micca si trovava già in missione (al tempo era inquadrato nella XVI Squadriglia Sommergibili di La Spezia e comandato dal capitano di fregata Vittorio Meneghini) da una settimana; nella notte del 12 giugno 1940 effettuò la posa di 40 mine nei pressi del porto di Alessandria d’Egitto.
In seguito ne assunse il comando il capitano di fregata Alberto Ginocchio; nella notte del 12 agosto, esattamente come due mesi prima, posò altre 40 mine a nordovest di Alessandria, e due giorni dopo lanciò un siluro dai tubi di poppa, da breve distanza, contro due cacciatorpediniere inglesi in navigazione una novantina di miglia a nordovest di Alessandria: fu avvertita l’esplosione del siluro che potrebbe indicare un danneggiamento, ma non vi sono conferme.
Successivamente il sommergibile fu modificato per essere adibito a missioni di trasporto.L’ammiraglio Karl Donitz, comandante della flotta subacquea tedesca, propose il trasferimento del Micca a Bordeaux, sede della base italiana di Betasom, per impiegare il sommergibile nel minamento delle acque prospicienti l’importante porto di Freetown; la Kriegsmarine non disponeva infatti all’epoca di sommergibili posamine di grande autonomia, mentre il Micca avrebbe potuto raggiungere agevolmente la zona di Freetown.[4] La Regia Marina non volle però accordare il trasferimento del sommergibile, sia perché la base di Bordeaux era sprovvista di strutture adatte ad un sommergibile posamine, sia perché il Micca era ritenuto più utile per il trasporto di materiali in Mediterraneo.
A partire dal febbraio 1941 (con il capitano di corvetta Guido d’Alterio come nuovo comandante) il Micca svolse varie missioni di trasporto (15 in tutto, con il trasporto di 2163 tonnellate di rifornimenti con destinazione sia la Libia che l’Egeo. Il 13 marzo 1941 il sommergibile (partito da Lero due giorni prima) lanciò infruttuosamente un siluro contro un gruppo di cacciatorpediniere nemici.
A inizio aprile 1941, mentre era in navigazione da Taranto a Lero, avvistò a sud di Creta un convoglio che attaccò lanciando due siluri da 1500 metri: furono avvertiti due scoppi (ma non esistono riscontri), mentre il sommergibile si allontanava in immersione. Giunto a Lero, il 5 aprile, fu gravemente danneggiato dallo scoppio di un siluro scivolato fuori da uno dei tubi di poppa (altre fonti attribuiscono l’esplosione ad una mina); trainato in porto, dopo le prime riparazioni d’emergenza, si portò a Taranto dove furono effettuate le grandi riparazioni, protrattesi da giugno a novembre del 1941.
Fu poi ancora impiegato in missioni di trasporto; a metà dicembre 1941 il comandante D’Alterio fu rimpiazzato dal parigrado Alberto Galeazzi.
Nel 1942 effettuò, tra l’altro, una missione offensiva nei pressi di Malta, senza risultati. Nell’ottobre 1942 ebbe seri danni per una violenta tempesta, dovendo tornare in porto e lamentando la perdita del sottocapo Giuseppe Canta, trascinato in mare da
un’onda mentre era di vedetta.
Il 15 giugno 1943 ne assunse il comando il tenente di vascello Paolo Scrobogna.
Il 24 luglio 1943 salpò da Taranto diretto a Napoli, ma quattro giorni dopo, di sera, fu colto da un’avaria al largo di Capo Spartivento Calabro e dovette invertire la rotta.
Avrebbe dovuto incontrarsi al largo di Santa Maria di Leuca con un’unit{ scorta, la Bormio; ma fu individuato dal sommergibile britannico Trooper che, alle 6.05 de 29 luglio, gli lanciò una sventagliata di sei siluri uno dei quali centrò il Micca a mezza nave, provocandone il repentino affondamento a 3 miglia per 207° dal faro di Santa Maria di Leuca (altre fonti riportano invece che il Trooper lanciò una prima coppiola di siluri, evitati dal Micca, e poi una seconda che centrò il sommergibile italiano mentre stava invertendo la rotta).
Il comandante Scrobogna e 17 fra ufficiali, sottufficiali e marinai furono sbalzati in mare e tratti in salvo da barche di pescatori dalla Bormio sopraggiunta poco dopo; con il Micca scomparvero due ufficiali, 62 fra sottufficiali e marinai e anche un operaio.
Secondo varie fonti parte dell’equipaggio rimasto intrappolato nel relitto (adagiato a 72 metri di profondità)
non morì subito: si udirono rumori per due giorni dopo l’affondamento, e secondo alcuni pescatori il terzo giorno furono sentiti degli spari. Il sommergibile aveva svolto 24 missioni di guerra (4 offensivo-esplorative, 14 di trasporto, 2 di posa di mine, 4 di addestramento o trasferimento) navigando per 23.140 miglia.
Il relitto del Micca è stato individuato nel 1994 a tre miglia dalla costa, fra gli 80 e gli 85 metri di profondità.
Difficulty -
Deep: mt 85
Grotta delle Corvine
La grotta delle Corvine è situata nella spettacolare Cala di Uluzzu, nell’area marina antistante il Parco di Porto Selvaggio (Nardò, LE), la Grotta delle Corvine è la più grande tra quelle fino ad ora localizzate nella zona e tra le più grandi dell’intera area costiera salentina. L’ampio ingresso dell’ipogeo (alto circa 4 metri e largo 8) si apre a 12 metri di profondità, ed immette in una spaziosa galleria lunga più di 10 metri. La volta di questo primo ambiente ha una forma a botte, che denuncia la probabile origine freatica, e che richiama alla memoria, per conformazione e dimensioni, un tunnel autostradale. Dalla galleria si accede in una grande sala. Per raggiungere il centro della caverna, nella parte superiore della quale si trovano le bolle d’aria, bisogna percorrere altri 22 metri. Spaziosi ambienti emersi, nei quali la favola della Grotta delle Corvine giunge all’epilogo. Stalattiti e colate calcitiche adornano le pareti delle due bolle d’aria grandi, la maggiore delle quali ha un diametro che supera gli 8 metri ed è alta circa 10. La Grotta sottomarina delle Corvine, in poco più di un anno di studi, ha rivelato non poche sorprese. L’ampio volume, la tipica conformazione a tunnel terminante a fondo cieco,con uno sviluppo di circa 60 mt, la presenza di camere d’aria interne non comunicanti con l’esterno e la presenza di substrati differenti lungo il suo sviluppo, fanno sì che in essa vi sia un’alta biodiversità, comprendente un elevato numero di specie: ben 196, per l’esattezza. Di queste, due si sono rivelate nuove per la fauna italiana e tre nuove per la Scienza.
Difficulty -
Deep: mt 22
Punta lea
Nel Parco di Porto Selvaggio, una delle meraviglie del Salento, a pochi minuti di gommone dal diving si trova questa bellissima parete ricca di fauna e flora marina.
L’immersione ha inizio da una cavità naturale della roccia che, formando un vero e proprio tunnel ricco di colori si apre sulla parete ad una profondità di circa 11 mt.. Si prosegue in direzione di una grande secca che parte da un fondo sabbioso a 26 mt. ed ha il suo cappello a 17 mt.. Qui si incontrano branchi di saraghi, cernie, dotti e pesce di passo. Tornando sulla parete ci imbattiamo in una serie di archi naturali attraverso i quali si possono ammirare fantastici effetti luce e una miriade di spugne e briozoi di ogni forma e colore. Dal fondo delle arcate si innalzano esemplari di spugne axinelle cannabina che danno ulteriore colore e movimento alla semioscurità del tunnel.
Difficulty -
Deep: mt 23
Relitto Nave Neuralia
Il relitto
Costa del Sud capitanata da Andrea Costantini (massimo esperto dei mari del Salento),ha scoperto il relitto del Neuralia dopo numerose ricerche.
La nave, battezzata Neuralia, fu costruita nel 1912 dai cantieri nautici Barclay Curle & Co., a Glasgow in Gran Bretagna, e destinata, inizialmente, al trasporto delle truppe indiane in Francia e successivamente in Gran Bretagna. Durante la Prima Guerra Mondiale il Neuralia era una nave ospedale nel Mar Mediterraneo.
Al termine della guerra tornò ad essere una nave passeggeri.
Nel 1932 e per i successivi cinque anni ha svolto il ruolo di nave scuola per giovani inglesi, con destinazione Mar Baltico e Fiordi Norvegesi.
Con l’esplosione della Seconda Guerra Mondiale il Neuralia tornò a svolgere mansioni militari, recandosi in Australia, per il trasporto di un grosso contingente di truppe fino al Canale di Suez per compiti di pattugliamento, e successivamente salpando per Cipro, per trarre in salvo i Ciprioti prima dell’invasione dell’Isola.
Nel 1944 partecipò, in qualità di nave appoggio allo sbarco in Normandia, dopo l’invasione da parte delle forze alleate, e compì circa 14 viaggi di andata e ritorno, trasportando circa 27.000 uomini tra ufficiali e truppe alleate sulle coste francesi.
La vicenda del Neuralia si concluse il 1° Maggio del 1945, all’altezza di Torre Inserraglio, quando, dirigendosi a Taranto per prelevare prigionieri di guerra tedeschi, si scontrò con una mina galleggiante ed affondò poco dopo.
Nell’esplosione morirono quattro persone.
Il relitto oggi è poggiato sul fondo ad una profondità massima di 33 metri, e ad un miglio circa di distanza dalla costa; non è integro a causa dei lavori effettuati nel dopoguerra per il recupero delle parti più importanti.
Si può, tuttavia, ammirare ancora qualche elmetto militare e qualche maschera antigas,il tutto contornato dai pesci, che tra le lamiere trovano riparo: saraghi, cernie, aragoste, orate, murene e gronghi.
L’IMMERSIONE:
Scendendo dalla cima dell’ancora, dopo pochi metri,si incomincia a intravedere la sagoma imponente della nave.
Suggestivi sono gli alberi concrezionati di spugne (Axinella cannabina, Axinella polypoides, Phorbas tenacior, Aplysina aerophoba), briozoi (il falso corallo Myriapora truncata e la trina di mare Sertella septentrionalis), policheti (tra cui la bellissima Filigrana implexa) contornati da banchi di pesce.
Raggiunta una profondità di circa 30 metri iniziamo a perlustrare la fiancata sinistra cercando tra le lamiere dello scafo i numerosi residenti: Saraghi, Cernie, Aragoste, Murene e Gronghi.
Ritornando nei pressi della cima costeggiamo la fiancata destra dove possiamo notare maschere antigas ed elmetti appartenuti all’equipaggio e, prima di incominciare la risalita,l’imponente ancora adagiata sulla posidonia.
Difficulty -
Deep: mt 32
Relitto Junker 88
Nel mare del Salento, grazie alla scoperta di Andrea Costantini responsabile del centro Costa del Sud,è possibile visitare questo meraviglioso relitto.
Giace da oltre sessant’anni, su un fondale sabbioso di 35 metri, a circa 2 miglia e mezza ad ovest di Santa Caterina di Nardò.
Il relitto è di un aereo tedesco risalente alla Seconda Guerra Mondiale.
Si tratta di un Junker 88, un bombardiere bimotore costruito dall’azienda tedesca Junkers GmbH.
Il relitto è posizionato sul fondale in perfetto assetto ed in ottimo stato di conservazione.
Largo circa venti metri e lungo quindici, offre ai subacquei delle emozioni uniche grazie alla sua storia e all’insieme di colori dati dalla flora e dalla fauna che negli anni hanno ricoperto la struttura del velivolo. È stato nel 2001 che gli esperti di mare hanno cominciato a parlare con maggiori dettagli dell’aereo ed a definire approssimativamente la sua posizione.
Dopo molte ricerche ed immersioni, i subacquei del Diving Service“Costa del sud” coordinati da Andrea Costantini ( uno dei massimi esperti dei fondali salentini ) , lo hanno rilevato ed esplorato.
Non vi è la presenza di resti umani, il che fa pensare che il pilota sia riuscito ad abbandonare l’aereo prima che si inabissasse.